OSSERVATORIO NAZIONALE SULL’AMIANTO
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Nazionale
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La Corte di Cassazione conferma la Sentenza di condanna a carico di due
imprenditori per patologia asbesto correlata manifestata dopo quaranta anni.
Il datore di
lavoro è responsabile della morte per inalazioni di amianto del dipendente
anche se la malattia si è manifestata dopo quarant’anni dall’esposizione:
la Corte di Cassazione, Sezione Penale, con la Sentenza n. 24997 del
21.06.2012, interviene ancora per confermare la condanna a carico di due
imprenditori per omicidio colposo in relazione al decesso causato da
mesotelioma.
Tutti i rilievi addotti nei
ricorsi, che denunciavano un presunto vizio di motivazione, non hanno trovato
accoglimento.
La Corte di Cassazione
richiama ancora una volta la risalente conoscenza del rischio morbigeno legato
all’esposizione all’amianto, e “l’inalazione da amianto è ritenuta da ben
oltre i tempi citati di grande lesività della salute” - che si
traduce in concreto pericolo per la salute dei prestatori d’opera (vedi pag. 9
R.D. 14.06.1909 n. 442, in tema di lavori insalubri e la l. 12.04.1943 n. 455,
che inserisce l’asbestosi “conosciuta fin dai primi del ‘900” tra le “malattie
professionali”), tale da disporre l’obbligo di misure di protezione prima
di natura tecnica e poi con l’utilizzo di dispositivi individuali.
Secondo la Suprema Corte, nella valutazione della
sussistenza del nesso di causalità, quando la ricerca della legge di copertura
debba attingere al sapere scientifico, la funzione strumentale e probatoria
(integrativa delle conoscenze giudiziali) di quest’ultimo impone al giudice di
valutare dialetticamente le specifiche opinioni degli esperti e di ponderare la
scelta ricostruttiva della causalità ancorandola ai concreti elementi
scientifici raccolti.
Pertanto, al non aver provveduto a eliminare, o almeno
a ridurre, l’esposizione quotidiana al minerale cancerogeno consegue
l’assunzione del rischio del tutto prevedibile dell’insorgere di patologie
potenzialmente mortali, prime tra le quali l’asbestosi e il mesotelioma.
Anche il rapporto di causalità e di prevedibilità
dell’evento medesimo sono stati ritenuti sussistenti, e assume fondamentale
rilievo il fatto che l’utilizzo delle misure di protezione, utili per prevenire
l’asbestosi, imposte con diverse norme molto risalenti[1],
avrebbe impedito l’insorgenza del mesotelioma: in ciò risiede la sussistenza
della colpa dei due condannati e quindi la sussistenza del reato.
Sotto il profilo soggettivo dunque l’evento era
prevedibile perché conoscibile tenendo conto delle conseguenze potenzialmente
letali della mancata adozione di quelle misure.
Roma, 25.06.2012
Avv. Ezio Bonanni
Presidente Nazionale O.N.A. ONLUS
[1] L’art. 4 del DPR 303/56
testualmente: “I datori di lavoro, i
dirigenti e i preposti che esercitano, dirigono o sovraintendono alle attività
indicate all'art. 1, devono, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e
competenze:
a) attuare le misure di igiene previste nel presente
decreto;
b) rendere edotti i lavoratori dei rischi specifici cui sono
esposti e portare a loro conoscenza i modi di prevenire i danni derivanti dai
rischi predetti;
c) fornire ai lavoratori
i necessari mezzi di protezione;
d) disporre ed esigere che i singoli lavoratori osservino le
norme di igiene ed usino i mezzi di protezione messi a loro disposizione”.
Inoltre, il datore di
lavoro e quindi i responsabili e titolari degli obblighi di sicurezza avrebbero
dovuto ottemperare ai precisi obblighi di legge, che si sommavano alle norme
generali di cui all’art. 2087 del codice civile.
Gli
artt. 18, 19, 20 e 21 testualmente: Art.
18 (Difesa dalle sostanze nocive) Ferme
restando le norme di cui al regio decreto 9 gennaio 1927, n. 157 e successive
modificazioni, le materie prime non in corso di lavorazione, i prodotti ed i
rifiuti, che abbiano proprietà tossiche o caustiche, specialmente se sono allo
stato liquido o se sono facilmente solubili o volatili, devono essere custoditi
in recipienti a tenuta e muniti di buona chiusura. I recipienti devono portate
una scritta che ne indichi il contenuto ed avere le indicazioni e i
contrassegni di cui all'art. 355 del decreto del Presidente della Repubblica 27
aprile 1955, n. 547. Le materie in corso di lavorazione che siano
fermentescibili o possano essere nocive alla salute o svolgere emanazioni
sgradevoli, non devono essere accumulate nei locali di lavoro in quantità
superiore a quella strettamente necessaria per la lavorazione. I recipienti e
gli apparecchi che servono alla lavorazione oppure al trasporto dei materiali
putrescibili o suscettibili di dare emanazioni sgradevoli, devono essere lavati
frequentemente e, ove occorra, disinfettati.
Gli artt. 19, 20 e 21 del
d.p.r. 303/56 dettavano norme precise: Art. 19 (Separazione dei lavori
nocivi) Il datore di lavoro è tenuto
ad effettuare, ogni qualvolta è possibile, in luoghi separati le lavorazioni
pericolose o insalubri allo scopo di non esporvi senza necessità i lavoratori
addetti ad altre lavorazioni. Art. 20 (Difesa
dell'aria dagli inquinamenti con prodotti nocivi) Nei lavori in cui si
svolgono gas o vapori irrespirabili o tossici od infiammabili, ed in quelli nei
quali si sviluppano normalmente odori o fumi di qualunque specie, il datore di
lavoro deve adottare provvedimenti atti ad impedirne o a ridurne, per quanto è
possibile, lo sviluppo e la diffusione. L'aspirazione dei gas, vapori, odori o
fumi deve farsi, per quanto è possibile, immediatamente vicino al luogo dove si
producono. Un'attrezzatura di lavoro che comporta pericoli dovuti ad emanazione
di gas, vapori o liquidi ovvero ad emissioni di polvere, deve essere munita di
appropriati dispositivi di ritenuta ovvero di estrazione vicino alla fonte
corrispondente a tali pericoli. Art. 21 (Difesa
contro le polveri) Nei lavori che danno luogo normalmente alla
formazione di polveri di qualunque specie, il datore di lavoro è tenuto ad
adottare i provvedimenti atti ad impedirne o a ridurne, per quanto è possibile,
lo sviluppo e la diffusione nell'ambiente di lavoro. Le misure da adottare a
tal fine devono tenere conto della natura delle polveri e della loro
concentrazione nella atmosfera. Ove non sia possibile sostituire il materiale
di lavoro polveroso, si devono adottare procedimenti lavorativi in apparecchi
chiusi ovvero muniti di sistemi di aspirazione e di raccolta delle polveri,
atti ad impedirne la dispersione. L'aspirazione deve essere effettuata, per
quanto è possibile, immediatamente vicino al luogo di produzione delle polveri.
Quando non siano attuabili le misure tecniche di prevenzione indicate nel comma
precedente, e la natura del materiale polveroso lo consenta, si deve provvedere
all'inumidimento del materiale stesso. Qualunque sia il sistema adottato per la
raccolta e la eliminazione delle polveri, il datore di lavoro è tenuto ad
impedire che esse possano rientrare nell'ambiente di lavoro. Nei lavori
all'aperto e nei lavori di breve durata e quando la natura e la concentrazione
delle polveri non esigano l'attuazione dei provvedimenti tecnici indicati ai
comma precedenti, e non possano essere causa di danno o di incomodo al
vicinato, l'Ispettorato del lavoro può esonerare il datore di lavoro dagli
obblighi previsti dai comma precedenti, prescrivendo, in sostituzione, ove sia
necessario, mezzi personali di
protezione. I mezzi personali possono altresì essere prescritti
dall'Ispettorato del lavoro, ad integrazione dei provvedimenti previsti al
comma terzo e quarto del presente articolo, in quelle operazioni in cui, per
particolari difficoltà d'ordine tecnico, i predetti provvedimenti non sono atti
a garantire efficacemente la protezione dei lavoratori contro le polveri”.
L’art.
377 e 387 del DPR 547 del 1955, testualmente: “Art. 377 "Mezzi personali di protezione" Il datore di lavoro, fermo restando quanto
specificatamente previsto in altri articoli del presente decreto, deve mettere
a disposizione dei lavoratori mezzi personali di protezione appropriati ai
rischi inerenti alle lavorazioni ed operazioni effettuate, qualora manchino o
siano insufficienti i mezzi tecnici di protezione. I detti mezzi personali di
protezione devono possedere i necessari requisiti di resistenza e di idoneità
nonché essere mantenuti in buono stato di conservazione. Art. 387
"Maschere respiratorie" I lavoratori esposti a specifici rischi
di inalazioni pericolose di gas, polveri o fumi nocivi devono avere a
disposizione maschere respiratorie o altri dispositivi idonei, da conservarsi
in luogo adatto facilmente accessibile e noto al personale”.
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